Scritto da: Martina
Io
adoro il reggae , lo ascolto fin da quando ero molto piccola e tra
tutti gli artisti che si sono cimentati in questo genere musicale, il
mio preferito è Bob Marley.
Il
mio amore per lui è profondo e viscerale, la sua musica ha
accompagnato costantemente la mia vita negli ultimi anni, e se
dovessero chiedermi quali canzoni porterei con me su un’isola
deserta certamente sceglierei le sue.
In
questa recensione voglio raccontarvi l’inizio della mia “storia
d’amore” con il re del reggae, che inizia proprio quando , ad un
pranzo di Pasqua del 2008, mio zio mi donò l’album “Babylon by
Bus”. In realtà non si trattava un vero e proprio regalo; la mia
professoressa delle medie mi aveva assegnato una ricerca sulla
Jamaica, per questo motivo dunque avevo deciso di approfondire la
cultura musicale di quello stato, e sapendo che mio zio era un
ascoltatore di diversi generi musicali, gli chiesi se per caso aveva
in casa un album reggae da prestarmi.
Non
avevo mai ascoltato quel tipo di musica: certo , come tutti conoscevo
la celeberrima “No woman, No cry”, ma ero anche schiava del
pregiudizio troppo diffuso che associa la musica reggae alla
marijuana , quindi ero abbastanza scettica e preferivo evitare quel
genere musicale.
L’incontro
con Bob fu quindi del tutto casuale non partì nemmeno con i migliori
propositi; dovevo ascoltare la sua musica per un compito scolastico,
non per mio interesse personale.
La
situazione mutò non appena iniziai ad ascoltare la prima traccia
dell’ album , “Positive Vibration”: per me, abituata alla
musica commerciale di Rihanna e Tiziano Ferro, fu quasi uno shock.
Non avevo mai sentito un album live e mi aspettavo che la la prima
traccia partisse immediatamente: sentire prima i rumori confusi della
folla, e poi le grida di Bob che caricava il pubblico erano per me,
tredicenne abituata alle canzoni registrate e modificate in studio di
Rihanna e compagnia bella, una totale novità! L’attesa per
l’inizio della canzone caricò la mia curiosità, e non appena
cominciò l’inconfondibile riff reggae, ne fui rapita. Per la prima
volta ascoltai una musica lenta e cadenzata, la quale, pur avendo una
forte elaborazione tecnica alle spalle, viene percepita
dall’ascoltatore come naturale e leggera. Fu bellissimo, la
“positive vibration” cantata da Bob arrivò anche da me,
facendomi amare la sua musica.
La
seconda traccia dell’album, “Punky Reggae Party”, non uno dei
brani di Bob Marley più conosciuti, ma è tra i miei preferiti.
La
terza canzone invece , “Exodus”, che tra l’altro dà il nome ad
uno dei più famosi album del cantante,è forse una delle tracce più
emblematiche mai scritte da Bob, poiché condensa al suo interno
alcuni dei leit motiv dell’intera produzione del jamaicano.
Si
prosegue con la celeberrima “Stir it Up” , canzone ammiccante e
provocante.
Mentre
ascolti questo album il tempo passa in fretta, senza che tu te ne
accorga, e passando attraverso “Rat Race”, “Concrete Jungle”
e “Kinky Reggae”, si arriva alla famosissima “Lively up
yourself”. Questa canzone racconta fondamentalmente degli effetti
della musica reggae sulla gente: questo genere anima le persone , le
ravviva e le fa muovere.
Subito
dopo troviamo “Rebel Music”, mentre la decima traccia è “War”.
La genesi di questa canzone è estremamente interessante: il testo è
tratto da un discorso che l’imperatore d’Etiopia Hailè Selassiè
, considerato dalla religione rastafariana come la seconda
reincarnazione di Dio, pronunciò all’Assemblea delle Nazioni Unite
nel 1963. Si tratta di un inno alla pace all’uguaglianza e alla
fratellanza tra i popoli; infatti sia la canzone di Marley che il
discorso del Ras Tafari affermano che fino al momento in cui la
filosofia che considera una razza superiore e una inferiore non verrà
completamente screditata ed eliminata, e fino a quando il colore
della pelle di un uomo sarà più importante del colore dei suoi
occhi, ci sarà la guerra.
L’undicesima
traccia è la bellissima canzone d’amore “Is this love”, e la
traccia seguente è la purtroppo non troppo nota “Heathen”.
L’album
live registrato nel 1978 si conclude con la celeberrima “Jamming”.
Questo
lavoro rappresenta uno dei vertici della carriera di Marley, e
racchiude al suo interno canzoni famosissime e rappresentative di
quello che era il messaggio che Bob ha voluto lasciare al mondo.
Ho
preferito descrivere quest’album dal punto di vista emotivo più
che da un lato tecnico, perché su di esso è ormai stato già
scritto tutto, e ripetere pedissequamente ciò che era stato già
detto mi sembrava abbastanza inutile; ho preferito comunicarvi quello
che ho provato quando per la prima volta ho ascoltato quello che è
ancora oggi il genere musicale che ascolto più volentieri.
Io
con questo album ho iniziato ad amare il reggae e il suo più famoso
cantante, e anche per questo motivo consiglio a chiunque di
ascoltarlo almeno una volta nella vita.