venerdì 24 ottobre 2014

DAFT PUNK _ RANDOM ACCESS MEMORIES

Scritto da: Bittu


Random Access Memories, tre parole, tutte maiuscole, scritte sulla copertina di quest'album che, oltre a richiamare l'elettronica, in primis ci suggeriscono come il duo francese abbia guardato alle proprie spalle prima di comporre il nuovo disco.
I Daft Punk infatti dopo 4 album registrati in studio e 20 anni di attività nel campo musicale non si possono certo definire dei nuovi arrivati e con quest'ultimo lavoro si permettono di fermarsi per rivedere, magari con occhi nuovi, tutta la strada percorsa. Come avrete capito questo è un album riflessivo, a tratti malinconico e può facilmente spiazzare i fan della band che li conoscevano per i loro lavori precedenti, quasi tutti facilmente ballabili e spesso con testi non troppo impegnati (esempio perfetto è la celeberrima Around the World).
Proprio per questo consiglio vivamente a chi non ha mai ascoltato RAM di sdraiarsi e assicurarsi di non avere nient'altro da fare prima di premere il tasto play.
È anche doveroso fare una precisazione riguardo al ritmo complessivo dell'album. Se nel criticatissimo Human after all tutti i brani erano estremamente legati fra di loro, cosa che avevo apprezzato, in RAM i Daft Punk sembrano quasi procedere alla cieca in un continuo up & down ritmico ed emozionale. Canzoni anche diversissime tra loro si susseguono una dopo l'altra, dando un valore concreto alla parola “Random” (casuale) presente nel titolo.
Bene, è giunto il momento di premere il tasto play.
Il primo brano è Give life back to music che comincia in maniera esplosiva per poi assumere un tono più moderato ma comunque dal ritmo ballabilissimo. Subito però ci si accorge di una cosa: il suono è quasi totalmente analogico. Questa sarà una costante nell'album, dove troveremo gli strumenti “convenzionali” più presenti rispetto a sintetizzatori o drum machines.
La base strizza l'occhio alla dance anni settanta e viene valorizzata da un'ottima batteria che va ad aggiungere quel “quid” in più. È obbligatorio sottolineare come le percussioni siano probabilmente lo strumento più e meglio utilizzato dai Daft Punk nel corso del disco.
The Game of love, posto come secondo brano, ha un ritmo più lento e una base prevalentemente costituita dalle percussioni. La firma dei Daft Punk la troviamo sulla voce, pesantemente alterata, che ben si adatta alla traccia, che tuttavia rimane abbastanza anonima.
Finalmente arriviamo alla terza canzone, Giorgio by Moroder, nella quale i due hanno voluto omaggiare quello che per loro è stato sicuramente un esempio: il compositore italiano Giovanni Giorgio. Collaborando con lui gli autori sono riusciti a creare un brano che non esito a definire sublime e che insieme a Touch e Contact va a costituire il picco qualitativo dell'album.

La canzone comincia con la voce di Giorgio che racconta la sua storia parlando in inglese ma con un accento italiano mentre in sottofondo ci sono rumori di stoviglie; questi sono tutti elementi che aiutano gli ascoltatori ad immaginare il personaggio e magari anche il contesto informale in cui parla con i due artisti francesi. Poco dopo però ai rumori in sottofondo si sostituisce una ottima base di musica elettronica che prende il sopravvento quando il compositore italiano smette di parlare. La canzone dura nove minuti, nove minuti di musica elettronica, alla quale si uniscono: una breve parentesi di chitarra verso metà della canzone e, ancora una volta, la batteria che dal sesto minuto accompagna molto bene la sopra citata base fino alla fine.
Dopo questa chicca troviamo Within e Instant Crush. In entrambi i pezzi troviamo basi abbastanza statiche, ma sempre piacevoli, e voci modificate elettronicamente, un classico dei Daft Punk. Le due canzoni inoltre sono accomunate da buoni testi, abbastanza profondi.
In Within sono centrali: il tema dello smarrimento e l'incapacità di comprendere il mondo circostante; dal punto di vista musicale invece viene utilizzato quasi esclusivamente il pianoforte.
Instant crush invece è più dinamica grazie all'utilizzo della batteria e a tratti della chitarra elettrica; senza mai farsi mancare suoni modificati elettronicamente. Il testo inoltre è più che buono e tratta del timore di essere dimenticati e dell'incapacità di comprendere ciò che ci circonda. Qui però la voce cantante sembra avere un interlocutore, in quanto afferma di aver già “ascoltato i tuoi problemi”.
Dopo questi due brani introspettivi troviamo il diversissimo Lose yourself to dance. Chi conosce il duo francese non esiterà ad associare la quasi totale mancanza di strumenti, il ritmo da dancefloor, le voci (ancora una volta) modificate e una batteria che potrebbe essere sostituita da una drum machine a Discovery. Lose yourself to dance, Get Lucky e il penultimo pezzo, Doin'it right sono quelli che maggiormente richiamano lo studio album del 2001. Tra questi personalmente preferisco Doin'it right per il ritmo più incalzante che per qualche secondo ci ricorda il concitato Homework distaccandosi così dagli altri brani più flemmatici.
La canzone numero 7 è Touch, la mia preferita di RAM, in cui i Daft Punk hanno dimostrato di saper ben conciliare diverse tendenze presenti nella loro musica.
Di centrale importanza nel singolo è la differenza tra suoni ben definiti e altri più fantascientifici e ovattati. Quest'accoppiata viene sfruttata a inizio canzone dove alla voce mascherata dei Daft Punk viene contrapposta, quasi uscisse dall'ombra, quella cristallina di Paul Williams. Più tardi lo stesso stratagemma viene utilizzato nel dualismo tra suoni di strumenti orchestrali in cui spicca un'ottima tromba e quelli elettronici ricchi di “effetti speciali” tipici dei due francesi. La canzone è un po' la chiave di volta dell'album in quanto in sé riassume l'insieme di analogico e digitale, di ritmi veloci e lenti e un po' tutto il cambiamento che la band ha tentato di applicare alla propria musica.
In Touch inoltre sottolineo l'ottima prestazione di Paul Williams che ha cantato in maniera eccelsa.
Get Lucky è stata la canzone estratta dall'album e trasmessa come singolo. È stata la prima traccia ad essere gettata in pasto al pubblico, pezzo dopo pezzo (il 3 marzo sono stati fatti ascoltare 15 secondi del brano al Saturday Night Live), ed è stata appositamente pensata per questo. Infatti il brano richiama alla mente Discovery, la base ammicca alla musica dance, la voce di Pharrell Williams aggiunge qualcosa in più rispetto al passato e il ritmo è facile; è la classica canzone che si canticchia sotto la doccia. E questo non mi è piaciuto.
In un album in cui i Daft Punk sfidano per l'ennesima volta sé stessi e anche i propri fan trasformando(di nuovo) la propria musica non trovo giusto che piazzino in questo album una canzone priva di emozioni e pensata esclusivamente per la vendita di massa qual'è Get Lucky.Nelle successive Beyond e Motherboard così come in Within e Instant Crush il duo francese torna a fare introspezione, guardando però al futuro della propria musica.
In Beyond in particolare afferma di voler andare oltre a qualsiasi cosa pur di trovare la perfetta canzone e il ritmo a tratti richiama Emoction o Nightvision.
In entrambi i pezzi troviamo una consistente presenza della batteria.
Motherboard inoltre è un brano totalmente strumentale, rilassante, che non ricorda alcun lavoro precedente anche se verso la fine viene inserito un effetto sonoro (onde che s'infrangono sugli scogli) che era presente in Fresh.
Arriviamo quindi a Fragments of time nella quale, per l'ennesima volta, le percussioni hanno un ruolo fondamentale, andando a costituire la quasi totalità della base. La base stessa tuttavia rimane abbastanza anonima, così com'era successo in Game of Love, pur riuscendo a sposarsi molto bene con la voce di Todd Edwards. In chiusura della canzone infine troviamo l'inserimento della chitarra elettrica che ricorda alla lontana Aerodynamics.
I due artisti francesi ci lasciano con Contact, che va a chiudere l'album. Apprezzo moltissimo questa scelta in quanto proprio con questo pezzo i Daft Punk si liberano di tutte le preoccupazioni accumulate nel corso dell'album e si liberano di tutti i freni che si erano posti nelle 12 tracce precedenti. Contact è sopra le righe, esagerata e farcita in modo smodato di effetti speciali degni di un b-movie fantascientifico. La canzone è un'esplosione di suono, qualcosa di troppo anche per loro. Contact sembra addirittura andare a sfidare l'armonia che i due hanno creato nel resto di RAM, una reazione eccessiva e istintuale a tutto ciò che oggi viene definito “musica”.
Concludendo: mi è piaciuto Random Access Memories? Ovviamente sì, ma non senza riserve. Ho adorato il modo in cui i Daft Punk si sono saputi reinventare andando a riprendere ciò che avevano appreso prima di Homework; mi è piaciuto anche l'inserimento di strumenti orchestrali, l'orchestra in quanto tale si fa sentire nell'incipit di Beyond, che sembra l'inizio di un'opera lirica. Molto spesso gli strumenti si sposano bene con le basi elettroniche del duo francese, ma non sempre; a volte lo sposalizio “analogico e digitale” sembra essere quasi forzato.
Come già detto inoltre il susseguirsi delle canzoni spesso risulta illogico e personalmente avrei preferito un album più unito.
Tuttavia questi sono peccati veniali, l'album nel suo complesso risulta piacevole, molto buono musicalmente parlando e, cosa non da poco, riscoltabilissimo; penso di aver ascoltato l'album intero almeno 50 volte nel corso di questi mesi e non mi ha stancato.

Non è arrivato il capolavoro che tutti si aspettavano, ma è arrivato qualcosa di nuovo, una ventata di aria fresca nel genere “elettronica”. I Daft Punk hanno dimostrato di voler innanzitutto suonare la propria musica.

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