Scritto da: Dj LT
Il
gladiatore (2000), di Ridley Scott
Fama non è sinonimo di qualità; e nemmeno gli incassi o i premi lo sono. Il gladiatore avrebbe potuto essere, se non un capolavoro, un buon film con cui aprire il terzo millennio. E invece l’occasione è, in parte, sfumata.
In parte perché, eccetto un rimprovero di disturbare
la retina con un’eccessiva computer grafica, dal punto di vista
tecnico è un ottimo lavoro: ottimi i costumi di Janty Yates, ottima
la musica di Hans Zimmer (“Now We Are Free” è un brano
splendido), ottima la fotografia di John Mathieson, ottime le
scenografie, anche quando sono ricostruite in digitale, e ottime le
scene di lotta o di battaglia.
Il problema è che tutto questo si
impone sul resto, rendendo la visione più lunga di quanto non sia
già e priva di verve. La sceneggiatura è schematica, spesso forzata
e senza alcun colpo di scena solo per mantenersi al soggetto, ossia
l’ennesima storia di un uomo in cerca di vendetta ostacolato dagli
intrighi del potere.
I personaggi saranno pure ben interpretati (lode
a Richard Harris e Joaquin Phoenix), ma non si sentono i vizi o le
virtù dietro di loro, sono statici dall’inizio alla fine e non
vengono psicologicamente indagati. Crowe vinse l’Oscar come
protagonista, ma l’avrebbe meritato semmai per A Beautiful Mind,
mentre quell’anno avrebbero potuto vincerlo Ed Harris con Pollock.
Su 12 nomination vinse anche come miglior film! Però si sa che gli
americani amano autocelebrarsi, anche quando spendono tempo e denaro
per portare sullo schermo la storia di Roma a puro fine commerciale.
Si può passar sopra inesattezze storiche ed errori perché il cinema
è fantasia, tuttavia non si può non sottolineare come quest’opera
sia incapace di far rivivere la difficile in cui versava l’Impero
romano, ormai prossimo alla fine.
Sarà anche assodato che Ridley
Scott ha fiuto come produttore, ma talvolta la sua regia torna ai
tempi in cui girava spot pubblicitari e questo è uno di quei casi.
Almeno non è Soldato Jane!
Voto:
6/10
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